Intervista a Eraldo Corti

Intervista a Eraldo Corti

 di Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte

ERALDO CORTI Birraio del birrificio ‘A Magara

Eraldo Corti apre il nostro ciclo di interviste ai protagonisti della scena brassicola calabrese.

Siamo a Nabbirra, in compagnia di Eraldo Corti, padrone di casa.

Chi è Eraldo Corti?

Sono un programmatore. Ho sempre fatto il programmatore per oltre 20 anni a livello professionale. Ho poi incontrato il mondo della birra e varie vicissitudini mi hanno poi portato ad adottare come professione quella della birra: prima come venditore e oggi come birraio.

Hai anche tu, come tantissimi birrai, iniziato come homebrewer?

Si. E a riguardo, c’è un dato interessante in Italia. Moltissimi birrai oggi vengono dall’informatica. Questo perché abbiamo vissuto la nascita di Internet in prima persona. Avevamo accesso ad Intenet e conoscevamo l’inglese. Questo ci ha permesso di metterci in contatto con la realtà degli homebrewer.
Io sono partito da una passione mia per il prodotto, che si è sempre spinta al di là della semplice bevuta al pub.

Nelle tue prime produzioni casalinghe cercavi di riprodurre degli stili? Oppure hai sperimentato?

Il primo anno è stata la classica bolgia infernale da homebrewer che cerca di fare qualsiasi cosa: usare spezie, etc… Poi ho continuato ‘peggiorando’ la cosa perché ho provato a maltare granaglie varie, usando grani crudi. Tutto però con un occhio all’esperienza: facendo tesoro di tutte queste sperimentazioni. Poi ho iniziato a ragionare sugli stili, le ricette, partecipare a qualche concorso e quindi a crescere.

Ma questo, secondo te, può bastare oggi? Non sarebbe importante per le nuove leve seguire anche un percorso formativo?

Si. Diciamo che il mondo della birra artigianale, non solo in Italia, ma anche dove è cominciato il movimento birraio (Stati Uniti) è iniziato a casa. In Italia sfioriamo il 100%.
La realtà dei fatti ti dice che il birraio è un mestieraccio faticoso e molto complicato e devo dire anche poco remunerativo, quindi sarebbe meglio farlo a ragion veduta, sapendo cosa si va a fare. Io sono arrivato a fare oggi il birraio con un minimo di esperienza anche in campo professionale come beer firmer avendo collaborato con un birrificio in passato.

Hai una nazione di riferimento?

(ride) Questa domanda è come quando mi chiedono “a te che birre piacciono?”. Allora io inizio ad essere vago  dicendo “tutte quelle fatte bene”.

Quelle con cui sono partito sono quelle inglesi. Quando io penso ad una birra penso ad una bitter inglese. Quindi una birra leggera, molto profumata, molto saporita, da bere anche in quantità considerevoli senza grosse ripercussioni.

Session beer quindi…

Session… assolutamente…
Poi è vero che mi piacciono tutte perché il mondo delle birre è un mondo fantastico. Questa mia passione iniziale mi ha portato ad apprezzare molto le vere birre. Nei paesi dove piace bere molto amano questo genere di birre: hanno un tasso alcolico basso e un’estrema bevibilità.

Quando hai deciso di aprire il beer shop, Nabbirra, come ti sei mosso? Fare un’analisi di mercato a Cosenza sul prodotto birra artigianale non era certo facile.

In realtà mia moglie ha aperto il beer shop. All’epoca Cosenza non aveva nulla di artigianale vero. C’era stata solo un’esperenzia seria di uno chef, l’amico Adelio Izzo, del Grifon d’Oro, che aveva affiancato alla sua cucina ricercata l’abbinamento con alcune birre artigianali belghe, inglesi, tedesche.
Io avevo in mano la conoscenza, non chissà quanto approfondita, ma avevo avuto modo di assaggiare già tantissime cose, di conoscere chi la birra la importava. Ero nelle condizioni di fare una selezione di birre da proporre a Cosenza. Un salto nel buio misurato, in un certo senso. Comunque abbiamo aperto un negozietto modesto, piccolino all’epoca. L’esposizione stava in venti metri quadrati e un po’ nascosti. I primi tempi sono stati complicati. Abbiamo giocato sul passaparola. Non credo nella pubblicità classica. L’idea è stata quindi del passaparola. È un’idea molto lenta, bisogna avere molta pazienza. Però in questo modo si cresce su basi molto solide. Non si cavalca l’emozione del momento. Si crea una base di clienti/amici.

Quando ti sei accorto che in effetti l’attività poteva funzionare?

In realtà io ancora non sono sicuro che funzioni. Per poter arrivare ad avere una prospettiva di un ritorno economico, abbiamo dovuto crescere affiancando al beer shop la cucina. Ci siamo trasformati in ristoratori, costruendo quello che è Nabbirra oggi. Questo fa aumentare i costi in maniera sensibile. Non so se ne valga effettivamente la pena. Le considerazioni sono poi ancora più ampie, tenendo conto che ora faccio anche birra e quindi mi conviene avere un posto dove possa vendere le birre che faccio io… ancora non l’ho capito. (sorride)
Noi siamo nati con la crisi, il 2008 è stato l’inizio del dirupo. Quindi non sappiamo cosa sia la non crisi. La mia speranza è che usciti dal tunnel ci ritroveremo con un’attività avviata…..
Abbiamo fatto quindi piccoli passi. Siamo riusciti per questo motivo.
Il consiglio è “fate quello che non fanno gli altri e fate un passo alla volta”.

Ti sei anche cimentato come blogger.

Nabirra.net è nato per concentrare questa mia voglia di fare nel mondo artigianale. Ho cominciato a scrivere piccoli articoli sulle mie esperienze di birraio casereccio e poi iniziato ad intervistando qualcuno. Sono stato il primo a scrivere due articoli su Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo) conosciuto già nel 2003. Quando ha aperto poi il birrificio sono stato suo ospite per un giorno a Borgorose. Stava facendo una cotta di Duchessa. Questo momento mi è servito per tastare l’ambiente professionale.

Lo step successivo è stata l’esperienza da beer firmer.

Quello è stato possibile perché esisteva già Nabbirra. Quindi un posto dove venderla la birra. Una cosa che dico sempre a chi vuole fare il beer firmer è che “la birra bisogna in qualche modo venderla, altrimenti ti rimane sul groppone”.  Essendoci quindi Nabbirra, ho pensato di mettere in produzione una birra con il marchio del negozio. Sono andato al birrificio più vicino che mi offrisse garanzie di qualità nella gestione del processo produttivo. Per questo sono finito a Castel S. Giorgio, vicino Salerno, dagli amici di Aeffe. Loro hanno un buon impianto  e sono molto scrupolosi nella produzione. Le birre prodotte le ho vendute quasi tutte nel mio locale.

E finalmente arriva il birrificio ‘A Magara

‘A Magara è anche li un gioco d’incastri: tutto ha inizio conoscendo Asun Yanutolo e il marito Marco Ferrini, Marco ha un’azienda agricola a Nocera Torinese che produce olio d’oliva e un bellissimo agriturismo che è Calabrialcubo. Ricordo che sono venuti in negozio dopo una lezione di un corso AIS. Mi hanno conosciuto attraverso Maria Rosaria Romano (ndr. attuale presidente dell’AIS Calabria). Poi sono stato in fiera a Rimini dove ho conosciuto Federico, il fratello di Marco, e mi hanno coinvolto poi nel progetto.

Le difficoltà iniziali quali sono state?

Il birrificio è tutto quanto difficile. Difficile acquistare le cose giuste. Difficile capire esattamente quali sono gli adempimenti da svolgere per essere conforme alle leggi. Difficile capire quale prodotto fare. È un’attività molto molto complicata che necessita di preparazione e soprattutto di consapevolezza.

… [fine intervista]…

‘A Magara è quindi un birrificio nato da pochi mesi ma che promette una buona curva di crescita. Facciamo a tutta l’azienda i migliori auguri e ritorneremo sicuramente a trovarli per conoscere le evoluzioni nel bicchiere.

E ora parliamo del prodotto di tanta fatica.

  • Jumara (Pale Ale/5.8%)
    Al naso e in bocca il malto è il filo conduttore.
    Finale giustamente amaro.
  • Trupija (Sweet Saison/5.6%)
    Al naso svela la presenza della buccia d’arancia.
    In sottofondo spezia dolce. In bocca piena.
  • Magaria (Robust Porter/6%)
    Al naso cioccolato, tostato, note di malto. In bocca ritorna il malto con piacevoli note dolci di cioccolato. Chiude con un buon bilanciamento di luppolo che prepara la bocca al sorso successivo.
  • Trilla (Hefe Weizen/6%)
    Presto in vendita.
  • Solleone (Cream Ale/5%)
    Schiuma bianca, soffice e fine.
    Al naso rotonda e fresca.
    In bocca è piacevolmente equilibrata.
    Rimane un finale medio lungo.
  • Mericana (IPA/7%)
    Presto in vendita.
  • Strina (Triple/10%)
    Presto in vendita

Inoltre Eraldo ha portato a casa la sua Riulì (prodotta precedentemente da beer firmer), birra dal buon profilo aromatico e ben bilanciata tra malto e luppolo. Aspettiamo la produzione di casa ‘A Magara.

Fonte: AIS Calabria

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